Il conflitto nella Striscia di Gaza continua a mietere un numero spaventoso di vittime civili e costringe la popolazione a uno sfollamento forzato in un territorio che, già prima del conflitto, era tra i più densamente abitati al mondo.
Alla tragedia delle vite spezzate si somma il crollo delle condizioni stesse che rendono possibile l’esistenza quotidiana: i servizi sanitari risultano paralizzati, i farmaci e le forniture mediche sono ormai introvabili, le poche strutture ospedaliere rimaste non riescono ad accogliere i feriti. Le scuole e le infrastrutture civili sono state sistematicamente distrutte, mentre l’accesso ad acqua potabile, cibo e beni primari è ridotto a livelli insostenibili.
In questo scenario i bambini sono le vittime più esposte e più fragili. Molti perdono i genitori e i familiari nei bombardamenti, restano senza casa, soli, senza la possibilità di ricevere sostegno. Altri sopravvivono in condizioni di malnutrizione crescente, privati di cure, di sicurezza, di istruzione, senza più alcun punto di riferimento.
Questo quadro rivela come l’intera popolazione sia sottoposta non soltanto alla violenza diretta del conflitto, ma a un processo che, andando oltre la somma delle singole emergenze, colpisce le basi stesse della vita e ne compromette in profondità la dignità.
Come assistenti sociali sappiamo che, quando i sistemi di cura e protezione collassano, non sono solo le persone singole a soffrire: è l’intero tessuto comunitario a spezzarsi, con effetti destinati a proiettarsi sulle generazioni future.
Riteniamo fondamentale richiamare nuovamente il nostro Codice Deontologico, che afferma il valore e la dignità di ogni persona (art. 1), la giustizia e l’equità sociale come beni comuni (art. 6) e il ruolo politico e sociale della professione a tutela delle comunità (art. 7). Alla luce di tali principi, parlare oggi di Gaza significa assumere un’etica di servizio sociale anti-oppressivo: non limitarsi a constatare la sofferenza, ma denunciare le condizioni che la generano.
Pertanto:
Rinnoviamo la nostra richiesta alle istituzioni nazionali e internazionali di agire, non con la discrezione dell’assodata retorica, ma con decisione reale: aprire corridoi umanitari protetti, garantire l’accesso immediato ai servizi sanitari e sociali, ristabilire la fornitura di beni essenziali e garantire la protezione della popolazione civile secondo le norme del diritto internazionale.
Rinnoviamo la nostra solidarietà a chi con coraggio e dedizione, nonostante il pericolo, continua a operare come presidio di cura, sostegno e assistenza nelle aree più colpite. La loro azione è testimonianza concreta che la difesa della vita non è mai neutra né rinviabile.
Riaffermiamo il Nostro ruolo di voce istituzionale e attiva che non si piega all’indifferenza, ma sceglie di stare accanto a chi è privato di protezione, con la convinzione che non esistono circostanze che possano giustificare la sospensione dei diritti umani fondamentali.
Il Consiglio Regionale Assistenti Sociali del Veneto