AGGRESSIONI E MINACCE CONTRO GLI ASSISTENTI SOCIALI IN CRESCITA ANCHE IN VENETO. PRESENTATI A PADOVA I DATI REGIONALI DELLA RICERCA NAZIONALE DELL’ORDINE DEGLI ASSISTENTI SOCIALI
Solo l’8% dei professionisti interpellati non hanno mai ricevuto minacce, intimidazioni o aggressioni verbali, il 15% è stato oggetto di aggressioni fisiche. Zambello (Presidente Ordine Assistenti Sociali del Veneto): “Una situazione che nasce anche dall’impoverimento dei servizi sociali legato ai tagli alle risorse”
Padova, 13 aprile 2018 – Le aggressioni agli assistenti sociali, da verbali a fisiche, sono in crescita anche in Veneto, in particolare negli ultimi cinque anni: quasi un assistente sociale su sei ha subito un’aggressione fisica nell’ultimo quinquennio, uno su cinque un’aggressione verbale. Un problema grave, che sconta l’effetto dei tagli di personale, come pure la difficoltà degli enti a garantire procedure sicure e puntare sulla prevenzione piuttosto che sull’emergenza.
Il dato è emerso questa mattina, venerdì 13 aprile 2018, nel corso del convegno di presentazione della ricerca nazionale “L’aggressività nei confronti degli Assistenti sociali” organizzato a Padova, presso l’aula magna dell’Istituto Amedeo Modigliani, dall’Ordine degli Assistenti Sociali del Veneto, alla presenza del presidente nazionale Gianmario Gazzi. La ricerca ha coinvolto 20mila assistenti sociali italiani, circa metà dell’intera platea dei professionisti (47,8%), e ben 1772 assistenti sociali veneti, che con una percentuale di risposta molto più alta della media nazionale, pari al 62,39%, hanno messo in evidenza che si tratta in ogni caso di un problema molto sentito.
Il caso veneto è stato presentato da Marilena Sinigaglia, Consigliera e Tesoriere del Consiglio dell’Ordine del Veneto. In regione solo l’8,2% (contro l’11,8% a livello nazionale) degli intervistati non ha mai ricevuto, nel corso della sua vita professionale, minacce, intimidazioni o aggressioni verbali. In generale, i dati per ambito di intervento individuano l’area minori e famiglie come quella più a rischio: il valore medio nazionale è del 24,5%. Ma in Veneto, contrariamente alla tendenza nazionale, il valore è del 20,9% e si colloca ben al di sotto di Lombardia (26,6%), Piemonte (30,0%) ed Emilia Romagna (30,4%).
Se si passa poi alle aggressioni fisiche, la situazione del Veneto è in linea con la media nazionale: il 15,6% è stato aggredito fisicamente (contro una media nazionale del 15,4%) e il 14,2% degli intervistati ha assistito ad almeno un episodio di attacco fisico ai danni di un collega (media nazionale del 20,7%).
Peraltro il timore per l’incolumità personale o dei propri familiari è un’esperienza vissuta una volta al mese dal 31,7% dei professionisti veneti (media nazionale del 26,8%).
Ma il dato forse più eclatante emerge dagli indicatori relativi agli ultimi cinque anni, in corrispondenza con gli effetti della crisi economica. La percezione che le aggressioni verbali nei confronti degli operatori dei servizi siano aumentate è del 59,1% (in linea con il trend nazionale del 58,2%). Più sfumata invece la percezione di un aumento degli episodi di violenza fisica: per il sì il 22,8% degli intervistati veneti (media nazionale 27,3%), mentre il 14,8% non ha rilevato un aumento di attacchi fisici (14,7% Italia) e il 62,4% non sa dare una risposta (58,0% Italia).
Quanto alle cause, per il 39% degli assistenti sociali veneti le motivazioni delle aggressioni sono riferite alla carenza di risorse del sistema servizi, contro un 33% che ritiene prevalente la situazione di disagio e vulnerabilità della persona. Inoltre il 60% dei professionisti veneti (59,2% Italia) percepisce o riferisce un’inadeguatezza degli organici.
Gianmario Gazzi, presidente nazionale dell’Ordine che rappresenta la categoria, ha spiegato come gli autori delle violenze in alcuni casi siano utenti senza precedenti penali e non considerati soggetti a rischio: “Il fenomeno delle aggressioni è strettamente connesso alla carenza di risorse destinate alle politiche sociali: spesso ci troviamo di fronte a persone esasperate per la mancanza di risposte in termini di servizi. Un’esasperazione che può diventare così acuta da sfociare in rabbia”.
“Sicuramente – ha sottolineato Marilena Sinigaglia – come evidenziato dalla ricerca nazionale, le aggressioni sono un indice indiretto dei problemi del servizio sociale e ciò è vero anche in Veneto”. Ma c’è anche, forse, un problema di comunicazione: “C’è il rischio che la funzione di mediazione dell’assistente sociale sia indebolita e che tale professionista sia identificato con l’organizzazione in cui opera, diventando così il ‘parafulmine’ dell’insoddisfazione degli utenti”. Aggiunge la Presidente dell’Ordine Mirella Zambello: “Il fenomeno della violenza a danno degli assistenti sociali da parte dei loro utenti sembra rappresentare un segnale di allarme che rende più visibile l’impoverimento dei servizi sociali e del sistema dei servizi più in generale, un processo attivato da tempo secondo la logica del taglio della spesa pubblica. L’aggressività espressa diventa anche un indicatore di quanto gli utenti percepiscono come insufficienti le risposte dei servizi ai molteplici bisogni sociali.”
Il convegno è stato poi l’occasione per lanciare alcune proposte concrete all’indirizzo dei Comuni, delle Aziende Sanitarie del Veneto e delle autorità giudiziarie. Per quanto riguarda Comuni e Ulss sul modello di esperienze già avviate in altre regioni, è stata avanzata la proposta di attivare dei protocolli specifici che codifichino una serie di misure preventive volte a migliorare i livelli di sicurezza dei luoghi in cui operano gli assistenti sociali. Rispetto alle autorità giudiziarie, l’Ordine promuoverà delle buone prassi per tutelare la riservatezza dei dati personali degli assistenti sociali coinvolti come teste in un procedimento giudiziario.
Nel corso del convegno sono stati anche presentati i risultati di una ricerca specifica sul caso dell’Azienda sanitaria Ulss 6 Euganea, a partire da una indagine, elaborata da Eliana Bovo e Valentina Sottana, sulla ex Ulss 15 Alta Padovana (ora parte della Ulss 6) che ha coinvolto 51 assistenti sociali intervistati nel corso del 2016. Dai dati è emerso che solo 1 assistente sociale non aveva mai ricevuto anche solo minacce verbali, mentre il 45% poteva contare dai 3 ai 5 episodi e il 37% un numero di episodi di minacce verbali superiore a cinque. Il 65% ha dichiarato inoltre di aver assistito a minacce verbali a colleghi.
Quanto alle minacce fisiche, il 20% ne ha subite, mentre il 16% ha assistito a episodi che hanno coinvolto colleghi. Inoltre, ben il 69% ha avuto consapevolezza, in almeno un episodio, che i propri assistiti fossero in possesso di armi da fuoco, in tutte le aree di assistenza, dagli adulti anziani, ai minori e famiglia, all’area dipendenze o a quella della disabilità.
Per il 55% del campione mancavano dispositivi di controllo a tutela degli operatori, per il 92% risultavano assenti procedure di controllo. Nei pochi casi in cui i dispositivi di controllo erano presenti, si sono rivelati per nulla o poco efficaci nell’82% dei casi.
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