Cari colleghi,
questa nuova nota segue quella dello scorso 6 marzo. La situazione di emergenza che stiamo vivendo è del tutto nuova ed imprevedibile, e ogni Assistente Sociale si trova in un doppio ruolo: potenziale vittima e soccorritore allo stesso tempo.
Nelle precedenti esperienze di maxi emergenze in Italia, l’intervento del servizio sociale professionale è stato richiesto e attivato solo in seguito alla fase di soccorso sanitario urgente e alle attività di search & rescue (messa in sicurezza e salvataggio delle persone), fasi che, normalmente, si concludono dopo le prime 72 ore dall’evento calamitoso.
L’attuale epidemia da COVID19, invece, presenta uno scenario inedito e complesso – anche dal punto di vista degli interventi di Servizio Sociale – che fino ad oggi nessuna istituzione, né pubblica né del Terzo Settore, ha mai affrontato né forse contemplato. Con riferimento alle molte richieste pervenute all’Ordine, a livello sia nazionale sia regionale, da parte di iscritti e servizi, è utile indicare alcuni orientamenti per l’azione professionale, consapevoli che i continui cambiamenti potranno richiedere di modificare le nostre indicazioni.

In primo luogo, secondo gli ultimi atti del Governo, sono garantiti i servizi indifferibili ed essenziali.
Consapevoli della competenza delle Regioni nell’organizzazione del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali, il Servizio Sociale Professionale è uno dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, così come definiti dalla norma statale. Ciò premesso, ogni assistente sociale verifica gli atti regionali che disciplinano la rete dei servizi territoriali nella fase di emergenza in atto e opera per assicurare l’accesso di tutte le persone aventi diritto alle risorse più appropriate.

Va ribadito, quindi, che tutti gli interventi di prevenzione e di tutela del rischio concreto e reale per la sicurezza delle persone, nell’ambito delle norme vigenti, devono essere garantiti.

L’Assistente Sociale deve sollecitare e promuovere, nell’ambito della propria organizzazione, protocolli specifici per garantire continuità e sicurezza del percorso di aiuto e segnalare ai propri responsabili le situazioni di rischio concreto e urgente per le persone seguite.

Tutte le attività professionali urgenti e indifferibili nell’ambito dei servizi essenziali vanno garantite alle persone. Il ruolo dell’assistente sociale a supporto dei singoli e delle famiglie che, a causa dell’emergenza che stiamo vivendo, si trovino in situazioni di vulnerabilità, è essenziale.

Il ruolo dell’Assistente sociale in ogni ambito (sociale, sanitario o socio-sanitario), indipendentemente dalla tipologia contrattuale o organizzativa (pubblica o di Terzo Settore), ed in qualsiasi ruolo (anche dirigenziale e di coordinamento), è cruciale in questa fase di crisi e, pertanto, non possono essere interrotti i necessari interventi di monitoraggio (anche da remoto), né la collaborazione con tutti i professionisti della salute.

Quindi, relativamente ai contatti con le persone, sono da considerare essenzialmente tre fattispecie:

  • situazioni note e non urgenti;
  • situazioni note e che possono assumere carattere di urgenza in considerazione delle conseguenze dell’epidemia;
  • situazioni non note che possono assumere carattere di urgenza in considerazione delle conseguenze dell’epidemia.

Ferma restando l’autonomia organizzativa degli Enti, pubblici e di terzo settore, per la realizzazione di strumenti valutativi e considerata l’autonomia tecnico professionale di ogni assistente sociale, suggeriamo di considerare alcuni elementi utili alla definizione di urgenza:

  • Rischio concreto e imminente di incolumità o di danno alla salute della persona;
  • Presenza o meno di un luogo fisico di domicilio o residenza;
  • Presenza di reti di supporto autorizzate ad intervenire;
  • Richiesta di intervento o collaborazione dell’autorità giudiziaria;
  • Presenza del rischio di reati o di violazioni di legge;
  • Presenza o meno di risorse istituzionali o informali attivabili direttamente dalla persona;
  • Impossibilità di accedere a interventi o servizi precedentemente attivi e sospesi a causa delle conseguenze dell’epidemia.

Se non si riscontra urgenza o quando l’obiettivo dell’intervento è la verifica dell’andamento di situazioni conosciute non a rischio, possono essere utilizzati strumenti da remoto come il contatto telefonico o la videochiamata, previa disponibilità e consenso delle persone coinvolte. Queste modalità di relazione, seppur diverse dalla prassi, possono consentire il duplice obiettivo di monitorare la situazione di persone fragili evitando, contemporaneamente, il rischio di reciproci contagi. In tali situazioni, l’effettuazione di visite domiciliari può essere evitata.

Il colloquio in presenza può non essere svolto se non sono garantite le regole di sicurezza imposte dalla normativa vigente in tema di distanza minima di sicurezza e protezione individuale.
In queste situazioni l’assistente sociale deve rendere una segnalazione in forma scritta al proprio Ente ed ai Responsabili per la Sicurezza, la Prevenzione e la Protezione (RSPP), evidenziando gli elementi di rischio per la propria salute e della persona in situazione di necessità o rischio.

Anche assumendo il Codice deontologico della professione come orientamento per i comportamenti professionali, tutte le attività urgenti e indifferibili vanno garantite alle persone: sottolineiamo che è importante, tutte le volte in cui è possibile, una valutazione di priorità condivisa nelle équipe mono e multi-professionali.
A seguito del DPCM 4 marzo 2020 all’art.1 comma 1 lettera a) e ss.mm. le riunioni non sono consentite e vanno pertanto svolte in modalità telematica o a distanza. Nell’impossibilità di svolgerle in queste condizioni di sicurezza, è necessario utilizzare spazi ampi che possono essere areati, garantendo le distanze personali ed indossando i dispositivi di sicurezza idonei.

Cosi come i colloqui in presenza, anche le visite domiciliari e gli altri interventi esterni vanno garantiti in tutti i casi urgenti e indifferibili. A titolo di esempio indichiamo le richieste di aiuto da parte di persone non conosciute al professionista, rispetto alle quali emerga, in fase di primo contatto, una potenziale situazione di rischio che necessita di una valutazione domiciliare.

Anche in queste situazioni, la tutela della salute delle persone (professionista compreso) è prioritaria e pertanto devono essere osservate tutte le precauzioni, anche attraverso l’utilizzo dei Dispostivi di Protezione Individuale (DPI), che devono essere messi a disposizione dalle organizzazioni di lavoro. Laddove non siano disponibili gli idonei DPI, l’assistente sociale deve segnalarlo in forma scritta al proprio Ente ed ai RSPP.

Una particolare attenzione deve essere rivolta alle situazioni di grave marginalità sociale e alle persone senza dimora. Abbiamo, come professionisti, il compito di segnalarle alle nostre istituzioni e proporre azioni per ridurre i rischi di contagio e stigma.

Come indicato dalle Associazioni internazionali1 gli assistenti sociali hanno un ruolo importante nella lotta contro la diffusione del virus nella comunità e nel supporto a chi ne è colpito.
Ciò richiede un lavoro a più livelli: nell’assunzione delle decisioni insieme agli altri professionisti, nel coinvolgimento della comunità nella pianificazione, nella predisposizione di protocolli di sicurezza, ma anche nel supporto psico-sociale alle persone, con l’obiettivo di orientarle nella situazione di crisi, di ridurre l’isolamento sociale, di stimolare la capacità di far fronte in maniera positiva a questo evento traumatico, riorganizzando positivamente la propria vita pur nella difficoltà.

Abbiamo un ruolo chiave nella diffusione di informazioni adeguate (anche nell’utilizzo dei social network) e nel facilitare contesti in cui le persone possono agire in solidarietà. In molte comunità gli assistenti sociali stanno lavorando per:

  1. assicurare che le persone più vulnerabili siano incluse nella pianificazione degli interventi e nell’allocazione delle risposte;
  2. contribuire ad organizzare le comunità per garantire che gli interventi essenziali siano disponibili;
  3. partecipare alle valutazioni affinché i membri della comunità siano il più preparati possibile alle conseguenze dell’epidemia e possano accedere agli interventi necessari con la massima appropriatezza;
  4. collaborare ad organizzare strategie per superare l’isolamento sociale delle persone afflitte dalle conseguenze dell’epidemia.

Il confronto con questa emergenza deve spronarci tutti a cercare strade nuove e, paradossalmente, è l’occasione per far emergere la specificità del nostro contributo al benessere della società.

Sicuramente questa è un’emergenza sanitaria, ma sappiamo bene che la salute riguarda anche la sfera delle relazioni di ogni persona.
Sappiamo che la persona che oggi è ammalata e ricoverata deve ricevere cure mediche, ma le cronache ci raccontano di malati isolati in ospedale o a domicilio e familiari e persone care che non possono avere contatti con loro. Queste situazioni, evidentemente, ci riguardano.
È necessario intervenire e stare accanto a queste persone (quando sono a casa), ed ai loro familiari, avendo cura di proteggerli e di proteggerci dal contagio. L’invito, quindi, è di ricercare le migliori modalità di sostegno alle comunità coinvolte in questa emergenza, senza mettere a rischio le persone e noi professionisti, e ad avviare una raccolta sistematica di informazioni per cominciare a predisporre un piano di lavoro per il “dopo virus”.
L’impegno dell’Ordine è stato, è, e continuerà ad essere, di portare all’attenzione dei decisori politici le criticità di questo momento e le prospettive che, verosimilmente, il sistema di welfare dovrà affrontare in conseguenza dell’emergenza.

Siamo convinti che andrà tutto bene, ma siamo consapevoli che l’impatto sociale di questa emergenza chiamerà a uno sforzo importante tutto il servizio sociale professionale, tutti noi, nei prossimi mesi e nei prossimi anni per ricostruire le comunità e sostenerne la resilienza e l’importanza delle relazioni umane. #DistantiMaPiùViciniCheMai

Gianmario Gazzi

 

In allegato la circolare emessa il 16 marzo 2020