A Verona si è celebrata la Giornata mondiale del servizio sociale, occasione per fare il punto sui bisogni e il welfare locale.

Professionisti, confidenti, mediatori di conflitti e scialuppe di salvataggio quando i problemi prendono il sopravvento. Agli assistenti sociali di oggi è chiesta una preparazione a 360 gradi, che va oltre la compilazione di rapporti e schede per contribuire in modo partecipativo allo sviluppo della comunità. È l’obiettivo, ambizioso e possibile, ribadito a Verona in occasione della Giornata mondiale del servizio sociale, che si celebra ogni anno il 20 marzo.

Nell’aula magna Paolo Zanotto dell’Università veronese si sono radunati 690 assistenti sociali e circa 200 studenti dei corsi di laurea in Servizio sociale, invitati dall’Ordine degli assistenti sociali del Veneto e dalle Università di Padova, Verona e Venezia Ca’ Foscari. «Il lavoro dell’assistente sociale è cambiato molto e noi cerchiamo di restare al passo, aprendoci alla complessità dei bisogni che cambiano: immigrazioni, nuove dipendenze, nuove povertà e devianze – evidenzia il professor Luca Mori, docente di Sociologia all’Università di Verona –. Vista la crescente scarsità di risorse del welfare locale, stiamo attuando nuove modalità di rete; inoltre orientiamo i nostri studenti agli sbocchi di una professione che deve reinventarsi: visto il blocco delle assunzioni nei Comuni e negli enti locali, si guarda di più al privato sociale e pure alla libera professione».

Per rispondere alle esigenze dei territori, facendo da tramite tra le persone e le istituzioni, gli assistenti sociali sono chiamati ad agire da “facilitatori”. «Dobbiamo dar valore al servizio sociale, mettendo in rete le risorse e investendo sempre di più nella promozione della comunità», sottolinea Mirella Zambello, presidente dell’Ordine regionale.

Queste sentinelle hanno un ruolo attivo nell’intercettare le esigenze della popolazione e i bisogni emergenti. Come quello della povertà. Per combatterla, da qualche mese è attivo il Rei, il reddito di inclusione. A margine dell’incontro scaligero sono stati forniti i primi dati: in città e nell’Est veronese (area ex Ulss 20), fino al 31 gennaio sono state 340 le domande di accesso. Di queste, 61 sono state approvate dall’Inps e sono già attive, 90 sono state respinte, 127 sono in attesa di esito o sospese, mentre le restanti non sono ancora state inviate all’Inps, che ha il compito di gestire l’erogazione del sostegno ai cittadini in condizione di povertà che ne fanno richiesta. «Questo nuovo strumento deve essere fatto conoscere di più, ma è la strada giusta, perché impegna le persone in difficoltà in un progetto personalizzato che le aiuta ad attivarsi, evitando l’assistenzialismo», conclude Zambello.