Chiavegato Nicoletta – Azienda ULSS 9 di Verona  e  Vicentini Daniela – Presidente associazione “La casavolante” di Legnago (VR)
Verona 20 marzo 2018:  GIORNATA MONDIALE DEL SERVIZIO SOCIALE

Tra le “Belle Storie” da raccontare proponiamo il dialogo tra Nicoletta (Assistente Sociale) e Daniela (Mamma). Un incontro che ci fa capire cosa può nascere quando la nostra Professione incontra la forza di chi costruisce risorse vere.

Oggi vi vogliamo raccontare l’esperienza di un INCONTRO tra un’associazione di famiglie di ragazzi con disabilità e il professionista assistente sociale.

Ho conosciuto buona parte delle famiglie perché circa 6 anni fa mi hanno chiesto di far parte del loro gruppo di auto aiuto come facilitatore.

Questa esperienza, seppur breve, ha permesso di posare la prima pietra su cui poi si è costruito l’esperienza che vi raccontiamo oggi.

L’approccio dell’auto aiuto infatti consente a famiglie ed operatori, con il ruolo di facilitatore, di incontrarsi, conoscersi  e dialogare senza dover obbedire a ruoli stereotipati:  rigido quello istituzionale e battagliero quello delle famiglie. Ritengo l’esperienza dell’auto aiuto una grande opportunità far conoscere il ruolo umano dell’istituzione.

Certo all’operatore viene chiesto di abbandonare il ruolo di potere ma non quello professionale che se lo può sempre generare.

In contesti informali facendo un aperitivo, partecipando ad una festa… possiamo avere un ruolo professionale e non solo quello di professionista.

La Fondazione Futuro Insieme a cui fa parte l’associazione Casavolante, ha chiesto all’Aulss la mia collaborazione per attivare nel territorio di Legnago, bassa veronese, una forma innovativa di abitare rivolta a ragazzi con disabilità che, probabilmente anzi sicuramente per la maggior parte di loro non li vedrà mai autonomi, cioè vivere da soli, ma autonomi dalla famiglia si.

Il progetto denominato poi Casavolante ora è una realtà in una frazione di Legnago – S. Pietro di Legnago ed è rivolta :

a giovani con fragilità, veri protagonisti di cui l’associazione interpreta e si fa portavoce,

alle famiglie con persone fragili, sono coloro che supportano il “mondo diverso” immerso nel “mondo normale”;

gli altri, persone consapevoli di essere fortunati di avere i figli sani. Che alla affermazione “per fortuna a me non è successo” rispondono con generosità. Cosa rispondono non dipende dalla nostra domanda dai nostri bisogni ma dai loro desideri. La scommessa è fare coincidere i nostri bisogni con i loro desideri.

DANIELA

Sono Daniela Vicentini mamma di Olga, ragazza di 23 anni che frequenta Psicologia a Padova e di Matilde, ragazza o meglio donna di 28 anni che ha una storia, sottolineo storia, di sofferenza perinatale grave e conseguenti danni cerebrali irreversibili.

Qui vorrei raccontare la storia di un’ associazione di famiglie con figli diciamo così “fragili”. La definizione di disabili o peggio diversamente abili non ci piace. Per spiegarmi meglio: è come dire di un sapore dolce diversamente amaro. Non ha senso. Anzi sembra quasi una presa in giro.  Rappresento l’associazione “la casa volante” e non vi nascondo che ho fatto fatica a decidere come impostare il mio breve intervento pensando a chi mi rivolgo oggi: alla comunità delle assistenti sociali. Anche perché, noi spesso, quando vi incontriamo vediamo l’istituzione che voi rappresentate e non le persone che voi siete. Se riusciamo però a fare questo passaggio, sostanzialmente a cambiare il punto di vista, forse diventa più facile comunicare o meglio relazionarci.

Oggi infatti insieme a Nicoletta questo vorremo raccontare. Come una storia come tante possa andare oltre il garantito, oltre l’ordinaria amministrazione. A partire dall’essenziale: il conoscersi.

Ma cominciamo dall’inizio: tutto inizia con Matilde, ragazza con ritardo psicomotorio grave che frequenta il Centro Diurno e credo in fondo felice, almeno spero. E’ di fatto adolescente e talvolta manifesta un’importante insofferenza nel vivere, nel mangiare, nello stare con noi. Questo è comprensibile: arriva un momento nella vita di tutti  in cui la tana o se preferite il nido diventano stretti. Anche per chi è fragile è tempo di migrare. E si può esprimere questa impellenza in molti modi: rabbia, insofferenza, noia ma anche determinazione. Un’assoluta volontà di acquisire strumenti, competenze che possono servire per arrangiarsi, che riusciamo a capire , anzi a stimare quando espressa da ragazzi normodotati. In fondo non è altro  che la determinazione di attrezzarsi per affrontare la vita.

Sono convinta che anche lo scontro con i genitori sia sano: depone per una ricerca di confini, magari rottura di schemi che porta ad elaborare un proprio progetto di vita. I genitori, tutti i genitori hanno quindi un duplice ruolo: devono essere come porte che servono per difendere, tutelare ma anche per andare oltre. I genitori devono lasciarsi attraversare per permettere ai loro figli di allontanarsi ed esplorare la propria vita.

Ma cosa succede quando chi dovrebbe spiccare il volo non ha ali? Quando chi vorrebbe urlare il proprio disagio  non ha la voce , le parole per farlo? C’è una sola risposta: i genitori, quei genitori devono saper interpretare , riconoscere, ricordare il proprio disagio e rispettarlo. Ma soprattutto i genitori devono saper sperare : assumersi la responsabilità di un futuro che non è il loro. Futuro che non è autodeterminazione come dovrebbe essere per tutti gli individui, ma che cerca di immaginare il domani con tutte le sue possibili variabili, pensando non solo ai bisogni ma anche ad ogni  remoto desiderio.

Bene . La casa volante proprio nasce da qua: dal desiderio di questi strani genitori resilienti di ricordare il proprio disagio, di riconoscerlo e di realizzare quello che tutti i figli pretendono: l’autonomia.

NICOLETTA

Io incontro Daniela, Cinzia, Roberto, Daniela, Fidenzio, Renato … e altri genitori che chiedono la mia collaborazione per pensare ad un progetto di autonomia per i loro figli.

Ricordo il primo incontro in cui chiesi: allora volete creare una casa per avere un sollievo?

DANIELA

Ma quale sollievo? Noi non vogliamo un sollievo

NICOLETTA

Allora riformulo la domanda: quindi volete organizzare delle attività pomeridiane da effettuarsi dopo l’orario dei centri diurni?

DANIELA

Ma non è solo questo … noi vogliamo costruire una famiglia per i nostri figli , ora che  siamo ancora in grado di capirli, di soddisfare i bisogni e intercettare i desideri,  di aiutarli a  realizzare la loro famiglia: quella che ci sostituirà.

NICOLETTA

Il compito cominciava ad essere più chiaro: la richiesta era di pensare con loro ad un futuro che tenesse sì conto del Dopo di Noi ma che si realizzasse  durante noi.

Ma soprattutto questi genitori  volevano essere riconosciuti in un  ruolo attivo.

Come assistenti sociali riteniamo fondamentale l’Ascolto e lo è!  ma non è sufficiente … Non basta essere disponibili all’ascolto delle famiglie perché la partecipazione, a cui si è  chiamati,  non deve essere  un processo unilaterale: promuovere processi partecipativi significa ragionare tenendo in considerazione i pensieri di tutti i soggetti e far sì che il contributo di ognuno incida in qualche misura su ciò che l’altro pensa, compreso l’operatore.

Il cambiamento inizia con il comprendere la prospettiva della persona che abbiamo di fronte e, il punto di vista dei genitori è parte del processo per stabilire un’alleanza intorno ad una finalità condivisa che è il benessere della persona.

Alle famiglie va riconosciuto lo sguardo genitoriale che solo loro possono avere nel costruire il progetto di vita del figlio con disabilità.

DANIELA

Noi famiglie abbiamo bisogno di persone che abbiano competenze tecniche e specifiche ma insieme capaci di competenze umane, con cui collaborare per il futuro dei nostri figli.

Certo non sempre siamo famiglie  “facili” : anzi,  viviamo fasi evolutive diverse, e nella realizzazione del nostro progetto abbiamo pensieri divergenti e  ci si scontra … Ma poi rimettiamo al centro l’obiettivo primario : il benessere dei nostri figli … E’ diventato quasi un mantra.

Ma soprattutto nei momenti essenziali non abbiamo mai sentito mancare il sostegno degli operatori e dei responsabili. Solo alcuni nomi: Margherita, Luisa, Anna, Filippo e Carmela ed altri ancora,  a cui noi rivolgiamo le nostre richieste , a volte  solo per sentire il loro interesse,  non solo per quello che stiamo cercando di fare o per un confronto, ma anche per il conforto di una parola. Lo so: esagerando  noi vi vorremo “ psico-assistenti-confessori”,e chissà cos’altro, sempre presenti e disponibili … e questo proprio  non va bene!

NICOLETTA

Ecco allora:  il compito è stato quello di partecipare con le famiglie nel pensare di  realizzare quanto richiesto sin dall’inizio.

Non  famiglie che aderiscono ad un progetto pensato a tavolino dal professionista. Professionista peraltro che da solo non possa  essere in grado di indicare la via migliore o addirittura comprendere se questa possa essere  l’unica via da seguire.

La scommessa è stata che le famiglie hanno considerato che i loro bisogni possono si essere diversi tra loro ma che abbisognano di risoluzioni condivise . Solo attraverso  il lavoro  fatto  in questi anni, Daniela, supportata da altre mamme, è riuscita a rinforzare il pensiero iniziale , di cui gli  incontri mensili tra le famiglie rappresentano i momenti decisionali,  riuscendo così a ri-orientare continuamente, in tempo reale, il progetto.

DANIELA

Ad un certo punto abbiamo deciso che era il momento del fare: abbiamo molto semplicemente affittato una casa e procurato tutto ciò che serve per “metter su casa”: allacciato utenze, stipulato assicurazioni, assunto giovani della stessa età dei nostri figli affinché li accudiscano e li abbiamo chiamati Operatori di Prossimità, organizzato attività  e chiamato tutto ciò “ la casa volante”, non perché, come qualcuno con scarsa fantasia ha detto, non abbiamo fondamenta, ma perché siamo sempre disposti al cambiamento, per noi e per gli altri.

La casa volante in fondo è un sogno collettivo, è il sogno dei giovani che vogliono affrancarsi dai genitori. Realizzato dai genitori, aiutati da altri giovani.

Cerchiamo di farlo con ironia, intelligenza, amore che sono gli strumenti con i quali si può reagire alla durezza della vita, che ci permettono di passare dalla debolezza alla forza . Tutte cose che i giovani possiedono, per questo noi abbiamo cercato giovani per accudire i nostri figli.

NICOLETTA

Con questa ottica e riconoscendo a ciascuno il proprio ruolo tra operatori, famiglie, volontari … La Casa volante ha iniziato ad essere operativa il 7 marzo del 2016 solo due anni fa … devo confidarvi che ad un certo punto avevo la sensazione di essere rincorsa dal progetto … in realtà aver tenuto al centro il ruolo della famiglia ha consentito con naturalezza alla famiglia di muovere la comunità …

Cos’è la comunità se non un insieme di famiglie di persone, compresi noi servizi che si mettono insieme e scelgono di condividere le proprie competenze e specificità a servizio di un bene comune.

DANIELA

In effetti la prima cosa che abbiamo pensato è stata come presentarci alla comunità: attraverso azioni che rendessero visibile la casa volante come luogo aperto, azioni come ponti rivolti all’esterno.

Il primo impatto della comunità lo abbiamo visto subito nella via in cui si trova la casa. I vicini informati di ciò che stavamo facendo attraverso un aperitivo nel nostro giardino si sono avvicinati subito con disponibilità e nel breve tempo abbiamo: un vicino che aggiusta la lavatrice, una coppia di nonni che vengono a preparare la cena una volta alla settimana, un’altra vicina che in estate invita i ragazzi nel proprio giardino per fare merenda… tanti gli esempi del quotidiano che contribuiscono a far vivere ai nostri figli esperienze di normalità.

Lavoriamo incessantemente per la raccolta fondi articolata a più livelli: 5xmille, sito internet, eventi musicali, coinvolgimento delle scuole, delle aziende del territorio … Cerchiamo di fare rete, con altre associazioni ma anche con le istituzioni perché ci sentiamo proprio partecipi del bene comune.

Ciascuna di queste attività è stata presa in carico da una mamma, in pratica responsabile del settore. Comunichiamo fra noi costantemente  e ci riuniamo non frequenze degne di una impresa.

Siamo mamme di persone con diversa fragilità e come ha detto bene Nicoletta siamo famiglie che hanno un problema comune e che si sono messe in testa di organizzare il dopo di noi adesso. Cerchiamo risoluzioni condivise, fra noi ovviamente e con la società civile  che ci sta guardando, convinte che la famiglia per prima abbia il ruolo insostituibile di muovere la comunità, ma anche un ruolo insostenibile senza il supporto, l’incoraggiamento, la stima delle persone che rappresentano la comunità, quindi le istituzioni di cui voi siete parte.

NICOLETTA

Ciascun soggetto da solo ormai non ce la può fare, le famiglie da sole non possono farcela … il ruolo dell’istituzione e nostro di assistenti sociali è quello di mantenere al centro la famiglia che da sempre rappresenta il nostro interlocutore privilegiato. Come? Restituire sempre un ruolo attivo alla famiglia pur nella fragilità e a riconoscerla sempre risorsa nonostante la fragilità.

E’ come quando prepariamo un buon dolce … servono tutti gli ingredienti in dosi giuste, servono i tempi precisi per una buona lievitazione e alla fine otteniamo un impasto in cui non si riesce più a distinguere i singoli ingredienti ma sappiamo che tutti insieme hanno contribuito a dare il gusto al dolce.