Il tema al centro della Giornata mondiale del Servizio Sociale, celebrata in Veneto nella giornata di giovedì 17 marzo con un convegno online organizzato dall’Ordine degli Assistenti sociali del Veneto in collaborazione con le università di Verona, Padova e Venezia è “Co-costruire un nuovo mondo eco-sociale: non lasciare nessuno indietro”. Una sfida che è già terreno di impegno quotidiano per diverse realtà, a partire dal territorio di Verona. L’Ordine degli Assistenti sociali ha individuato tre storie esemplari.
Da Bassano a Verona, la cittadinanza attiva che trasforma la fatica in valore per tutti
“Ci sto? Affare fatica” è un’iniziativa avviata otto anni fa a Bassano del Grappa dalla Cooperativa Adelante e oggi diffusa in tutto il Veneto. La proposta è dedicata agli adolescenti dai 14 ai 19 anni che, in gruppi di 10, durante le vacanze estive vengono coinvolti in attività di recupero dei beni comuni del territorio in cui risiedono per ricevere in cambio dei “buoni fatica” del valore di 50 euro a settimana spendibili in genere negli esercizi commerciali locali. Ogni gruppo è affiancato da un tutor – un giovane di età compresa fra i 20 e i 30 anni coinvolto in una formazione ad hoc – e da un handyman, una figura senior incaricata di guidare i ragazzi nell’attività manuale, mentre la supervisione dei gruppi è affidata a un educatore.
In occasione del World Social Work Day viene presentata l’esperienza sviluppata nel territorio veronese. «Siamo partiti quattro anni fa e la risposta è stata davvero forte. Solo la scorsa estate abbiamo coinvolto 1033 ragazzi e 65 tutor in 16 comuni per un totale di 22780 ore di cura dei beni comuni», spiega Veronica Benetti, vicepresidente della cooperativa L’Albero, realtà che con altre due cooperative del territorio coordina il progetto in provincia.
«Le aree oggetto di intervento – giardini, ciclabili, scuole, murales – prosegue Benetti – sono state individuate grazie al confronto e alle indicazioni dei comuni con cui il dialogo è costante e anche la scelta di ancorare al territorio i buoni fatica permette di coinvolgere maggiormente le comunità locali di riferimento. Se Adelante è cooperativa capofila, in ogni territorio il progetto è affidato alla gestione di una rete di cooperative locali e anche le modalità operative spesso sono diverse, ma tutti i soggetti partecipano a una formazione comune e a momenti di confronto: far parte della rete del progetto è occasione di scambio con altre realtà e di crescita».
Nel complesso il progetto, sostenuto da un contributo della Fondazione Cariverona, ha coinvolto ad oggi 5123 ragazzi in 138 comuni. Grazie a un finanziamento del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali il progetto Ci sto? Affare fatica – verso l’Italia prevede una “disseminazione” del modello in tutto il territorio nazionale attraverso la rete delle realtà aderenti al Cnca (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza).
A Veronella, l’antico tezon veneziano dove il biologico apre nuove possibilità di promozione umana
Si chiama Fattoria sociale Tezon, ha sede a Veronella, e la sua prima peculiarità è proprio quella di essere ospitata in un tezon del XVI secolo, un tempo fabbrica di salnitro (dalle deiezioni liquide delle pecore) utile alla polvere da sparo per le armi della Serenissima. Oggi invece ospita una fattoria sociale dedita all’agricoltura biologica in cui ha sede anche la Comunità Terapeutica Riabilitativa Protetta “Casa Tezon”. Il progetto, che coniuga ragione ambientale e impegno sociale nasce nel 2016, come spiega Filippo Scavazza che per la Cooperativa Promozione Lavoro si occupa dell’azienda: “Siamo attivi dal 2016, nel 2018 siamo certificati come produttore biologico e sempre nel 2018 siamo stati iscritti nell’albo regionale delle Fattorie sociali, istituito nel 2013. Il nostro motto è: ci prendiamo cura quotidianamente della storia, della terra e delle persone”. Fedele al motto, l’azienda agricola sociale di Veronella ha come obiettivo cercare di compensare anche la cattiva memoria dei tezonieri, che sul territorio non erano benvoluti perché il diritto di portare la spada e l’obbligo di garantire consegne alla Repubblica li spingevano a usare le maniere forti per sottrarre salnitro dalle abitazioni dei vicini o usarne i pascoli. “La nostra, dunque, è anche una scommessa di riscatto storico – dice Scavazza – per un rapporto positivo con la comunità che ci accoglie, non solo quella dei nostri beneficiari. Per questo facciamo rete con le altre associazioni della zona, e vendiamo direttamente i nostri prodotti. Coltiviamo verdure, ma anche relazioni”.
Sugli 11 ettari si seminano in rotazione grani antichi, canapa e girasoli, e poi, ortaggi e frutta, puntando sulla massima varietà possibile. Sempre con il metodo biologico, “perché – sottolinea Scavazza – l’obiettivo è lasciare il suolo coltivabile anche per le generazioni dopo la nostra”.
Infine, la sfida sociale: “Tra terra e lavoro sociale c’è una semantica comune – dice Scavazza – quella pedagogica, che si traduce nel prendersi cura, delle persone come della terra. La terra è un mezzo privilegiato, dal nostro punto di vista, perché le persone abbiano dei benefici in quella che è la loro quotidianità, quindi nel progetto di vita o in senso terapeutico riabilitativo”.
I soggetti fragili coinvolti sono, in media, quattro o cinque per volta, con percorsi che durano dai tre mesi al progetto di vita. Il cuore della proposta è il fare, il lavoro come strumento pedagogico: “Chi viene qui, vive una esperienza che parte dalla semina alla raccolta, e mette al centro il prendersi cura”.
Quanto al rapporto con gli assistenti sociali, dice Scavazza, è imprescindibile: “Abbiamo un numero notevole di richieste anche da parte di privati, ma per noi è fondamentale rimandarle ai servizi sociali, perché è cruciale il ruolo del servizio. È una rete fondamentale, che sta funzionando bene”. Anche se, ancora, si deve lavorare troppo spesso sulle emergenze più che sulla prevenzione, come sanno bene i professionisti del servizio sociale.
Agli Orti di Spagna di Verona l’ex Dico è il cuore di un progetto comunitario che mette al centro persone e sostenibilità
Negli anni Cinquanta del secolo scorso il rione Orti di Spagna di Verona, porzione del più ampio quartiere San Zeno, è stato protagonista di un progetto di edilizia popolare orientato secondo la logica della qualità delle relazioni: balconi, varietà dei prospetti, sviluppo verticale contenuto degli edifici, percorsi pedonali, spazi comuni tra e dentro gli edifici, angoli di verde, e la piazza, con il giardino e il mercato coperto. Quell’edificio ha ospitato il mercato del pesce, poi quello alimentare, fino a un discount che ha chiuso da anni.
Oggi quello spazio, di proprietà dell’Agec, azienda che gestisce il patrimonio comunale di Verona, è al centro di un percorso di progettazione partecipata partito nel 2017 che vede protagonista il locale Comitato di quartiere insieme a una rete di associazioni e cooperative che hanno puntato sul binomio sostenibilità e sociale. In sostanza, nell’ex Dico (questo il nome dell’allora discount) nascerà una casa del quartiere destinata ad attività caratterizzate da attenzione alle diverse componenti sociali e da un rapporto più equilibrato con il Pianeta.
“La sostenibilità – spiega Cristiano Bolzoni, responsabile Progetti per la Cooperativa Energie Sociali, ente capofila – è una attenzione trasversale a cui teniamo molto, e non solo perché tra i partner c’è la AVeProBi, associazione dei produttori biologici a chilometro zero, ma anche perché nella gestione della ristrutturazione, per quanto sarà via via possibile, punteremo su scelte per la riduzione dei consumi e per l’efficienza energetica”. Con i produttori biologici saranno svolte attività di formazione ed educazione al consumo consapevole, puntando anche sulle scuole grazie anche a un altro progetto della Coop Energie Sociali, il ClimAct. “Queste scelte – spiega Bolzoni – sono il frutto della sensibilità di un Comitato di quartiere nato grazie ai nuovi abitanti della zona, famiglie giovani. Come pure al Comitato di quartiere si deve l’attenzione agli anziani ancora residenti nel quartiere, per cui e con cui si pensa a percorsi di welfare di comunità”.
Nasce così l’idea di un coinvolgimento sempre più ampio ed esteso dei residenti, già iniziata ma che vedrà ora la sua fase cruciale, a partire da una assemblea pubblica di presentazione del progetto ex Dico, alle 18 di giovedì 17 marzo 2022. L’iniziativa per il recupero dello spazio abbandonato era partita proprio dal Comitato di quartiere, ha poi incrociato sia la Coop Energie Sociali sia AveProBi: la cooperativa si è fatta carico dell’affitto dello spazio e ha recuperato risorse grazie a un crowdfunding del programma Formula di Intesa Sanpaolo che ha permesso di raccogliere 168mila euro per la prima fase: “Poco meno di metà della somma raccolta – spiega Bolzoni – è destinata alla ristrutturazione, il resto alle attività sociali”.
Si è così definita, nel 2021, anche una linea di futura collaborazione con diversi assessorati del Comune di Verona, a partire dall’Assessorato ai Servizi sociali, che proprio nel quartiere aprirà un centro destinato a famiglie e adolescenti.